Gherardo delle Notti

Tra le sorprese degli Incontri a Sutri, c’è un capolavoro dimenticato, il San Sebastiano curato da Irene di Gherardo delle Notti, sintesi di realismo caravaggesco e di luminismo artificiale. Insieme al pathos della circostanza, il virtuosismo del pittore è nella intuizione dell’ombra lunga proiettata dalla mano che si ripara dalla luce della candela, motore dell’effetto notte cui il pittore indulge negli anni compresi fra il 1613 e il 1618, tra il Gesù nella bottega di Giuseppe, il Cristo davanti a Caifa, e la Negazione di Pietro.

Gherardo intende specializzarsi in un clima luministico, non estremamente drammatico, ma molto suggestivo, ottenuto grazie agli effetti speciali della luce della candela. La stesura ha una ricercata morbidezza, senza i forti contrasti di Ter Brugghen e di La Tour. Gherardo intende essere un pittore di emozioni, di forte intimismo, come nello scambio di sguardi tra le due donne.

La luce carezza, non squarcia il buio. E Gherardo si conferma un regista di atmosfere. Tutto appare edulcorato, accarezzato da luci morbide, in Gherardo delle Notti, che traduce il dramma della vita, nella sua insostenibile tensione, in teatro, dove, insieme al pittore che pensa, trovano occupazione il coreografo, lo scenografo, il costumista, il direttore delle luci. Mentre Gherardo sale sul palcoscenico, Caravaggio sta sulla strada.

(Vittorio Sgarbi)