KOUROS. Wilhelm Von Gloeden / Roberto Ferri

La mostra pone in dialogo i due artisti nudisti Wilhelm von Gloeden e Roberto Ferri, orientati prevalentemente al nudo maschile, in relazione all’ispirazione del mondo classico.
La sezione su Wilhelm Von Gloeden è costituita da circa 20 fotografie della Collezione di Antonio Malambrì a Taormina. I soggetti sono prevalentemente adolescenti e giovani siciliani fotografati tra il 1890 e il 1930 in posizioni statuarie, benché umanissime, visti principalmente a Taormina ma anche a Napoli, Palermo, Siracusa, Monreale, Randazzo e Zafferana. La maggior parte delle fotografie non ha titolo o didascalie, con l’eccezione di soggetti come Caino, Eleonora Duse, La terra del Fuoco. La tecnica prevalente adottata da Von Gloeden è all’albume oltre che al sale e al bromuro di potassio.

«L’imitazione di pitture antiche o moderne, gli ingrandimenti confusi ricavati da piccole negative,
la grana eccessiva e numerosi altri artifici cui oggi in fotografia si ricorre possono valere a sorprendere l’occhio, ma nulla possono creare. Io non ho mai creduto che la fotografia per elevarsi debba rinnegare la sua origine. Con una prassi che sarebbe divenuta comune solo nel primo decennio del Novecento, Gloeden per realizzare le foto di nudo si 
allontana dall’ambiente chiuso e dai fondali dipinti dall’atelier, recandosi nei luoghi più impervi di Taormina. (…). L’artista riprende i modelli nudi o drappeggiati all’antica, immersi nella natura e tra le rovine dei monumenti classici, mosso dalla volontà
di recuperare il legame con l’arte e la civiltà greche. Legame che per gli intellettuali e gli artisti tedeschi del XIX secolo costituisce una sorta di affinità elettiva. (…) In queste immagini il distacco dalla poetica di Michetti si rende quindi manifesto: se infatti nelle scene di genere gloedeniane si assiste alla volontà di stabilire un equilibrio tra realismo e idealizzazione, nei nudi l’ago della bilancia protende decisamente verso l’aspetto artificiale dell’immagine. La descrizione minuta dei costumi popolari siciliani, con la sua vena bozzettistica, lascia il posto alla dimensione del mito. Attratto dal “colorito bronzeo dei discendenti degli antichi elleni”, l’artista fotografa i modelli siciliani nudi o seminudi nel paesaggio, svelandone il potenziale erotico»

(Raffaele Perna)

 

Roberto Ferri propone una decina di oli su tela e alcuni disegni, in dialogo con von Gloeden.
Nato a Taranto nel 1978, si diploma al Liceo artistico della sua città nel 1996. Inizia a studiare pittura come autodidatta, e si trasferisce a Roma nel 1999 per approfondire lo studio della pittura antica, dall’inizio del Cinquecento alla fine dell’Ottocento; in particolare, si applica alla pittura caravaggesca e alla grande tradizione accademica francese dell’Ottocento tra Neoclassicismo e Simbolismo (David, Ingres, Girodet, Géricault, Gleyre, Bouguereau…) Nel 2006 si laurea all’Accademia di Belle Arti di Roma nel corso di scenografia. Per tre anni studia con Gaetano Castelli e l’ultimo anno con Francesco Zito. Illustra la Via Crucis per la Cattedrale di Noto nel 2010. Partecipa alla Biennale di Venezia nel 2011.

Scrive di lui Vittorio Sgarbi:

«Ferri è un fenomeno, ammirevole come e più di un pittore antico. Ha, di colpo, superato i pittori figurativi più abili nella duplicazione della realtà. Il suo primo pensiero è stupire. Con formidabile disciplina rimedita la grande tradizione della pittura barocca, da Caravaggio a Ribera, da Bernardino Mei a Tiepolo. In realtà, Ferri è un virtuoso che riporta nella realtà i sogni. Talvolta essi sono incubi. Ma l’armonia delle forme domina i soggetti anche nelle loro torsioni più audaci, nelle mutilazioni,
nei traumi. 
L’occhio di Ferri registra e riproduce l’ordine delle cose in un mondo dove tutto funziona,
e c’è spazio anche per il male. Ed eccoci qui, davanti a quadri antichi sorprendentemente moderni; apparentemente accademici ma trasgressivi. Una sfida al resto del mondo. La figura umana per Ferri
è inevitabile ma deve essere anche trionfante, eroica, in un continuo riferimento a modelli
e composizioni già pensate e da lui portate a uno stupefacente rigore. Così egli determina un effetto borgesiano: chiede e ottiene stupore, e dipinge, oggi, quadri antichi: così noi davanti ai suoi quadri
non sapremo dire in che epoca siamo. Un iperbarocco? E insieme un neoclassico e un caravaggesco. Ferri continua l’inganno, non sarà mai abbastanza contemporaneo e mai un pittore antico. Dipinge come un antico soggetti moderni ma, di fronte al corpo umano ignudo, non si può fermare, non può deformare (se non è deforme), ed è costretto a essere un altro. Nuovo come pittore antico; antico come pittore moderno»

A cura di Gabriele Accornero
con la supervisione di Vittorio Sgarbi

 

 

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