Fausto Pirandello, Autoritratti

«Pirandello si interroga. Il suo sguardo è disarmato. Ma Pirandello è un uomo indifeso, porta con sé il disagio del rapporto con il padre, la cui personalità lo domina. Anche per questo nel 1927 lascia l’Italia per trasferirsi a Parigi, con l’amatissima moglie Pompilia conosciuta ad Anticoli Corrado. Terrà segreto il matrimonio al padre fino al 1930. Il trasferimento a Parigi è una vera e propria fuga, per sottrarsi ai condizionamenti psicologici del padre, e anche l’occasione per conoscere le esperienze più significative dell’arte contemporanea da poco entrata nella stagione surrealista. A Parigi incrocia il gruppo degli Italiens de Paris (specialmente Giorgio De Chirico e Filippo de Pisis), conosce più da vicino le opere di Cézanne, dei cubisti (Picasso e Braque) e dei pittori della Scuola di Parigi (l’École de Paris) . E qui diventa padre di un maschio, Pierluigi, il 5 agosto del 1928. La sua prima esposizione parigina, con Emanuele Cavalli e Francesco Di Cocco, è in casa della contessa Castellazzy-Bovy; poi espone alla Galerie Vildrac (1929): ed è la prima personale, a cui ne segue una seconda a Vienna, nel 1929. Seguire i segni sul suo volto nel corso dei decenni non muta la sua condizione psicologica. Disegni e pastelli ci mostrano una mortificazione e un disagio contrastati dall’orgoglio, ma senza via d’uscita. Sono documenti di una crisi non risolta ma composta, non gridata, all’opposto della devastazione dei volti di Francis Bacon, e piuttosto affine all’umore nero di Lucian Freud, tra malinconia, inquietudine e depressione»

(Vittorio Sgarbi)

 

 

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